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Abbigliamento e personal branding: quanto conta l’abito?

da | 14 Feb 2023 | Lavoro-HR

Da decenni ormai la questione legata al look e agli outfit da lavoro è al centro dell’attenzione di consulenti di immagine e grandi case di moda.

Tra queste, in particolare, ci sono noti brand che sono riusciti a cavalcare l’onda del successo, partendo proprio dalle profonde rivoluzioni che hanno segnato il mercato della moda professional, femminile e maschile.

Il fatto è che, col tempo, un po’ come il mondo del lavoro, anche quello della moda, legata ai più disparati settori professionali, ha subito profonde trasformazioni.

La ragione di tali evoluzioni è semplice. Al netto di tutti quei lavoratori chiamati a indossare divise da lavoro, un po’ in tutti i settori e a tutti i livelli esistono dress code più o meno tacitamente accettati da tutti.

Seppure il noto adagio “l’abito non fa il monaco” sembra rivestire sempre più di più i pensieri di manager e head hunter, in realtà, la prima impressione è ancora quella che conta in molti casi.

Si chiama effetto priming e si fonda sull’impressione che si riceve dall’aspetto di chi ci sta di fronte, non solo, sembrerebbe infatti che il modo in cui ci si veste, specie a lavoro, influenzi anche i pensieri di chi indossa i propri abiti.

 

Lo studio dell’Università di Hertfordshire

Questo fenomeno, secondo cui si assumono atteggiamenti diversi in base al modo in cui ci si veste, ha un fondamento scientifico.

L’Università di Hertfordshire ha infatti studiato questo aspetto testandolo su un gruppo di giovani che per l’occasione hanno indossato una t-shirt con la stampa del loro supereroe del cuore.

L’effetto? Pare che i ragazzi si sentissero più attraenti, forti, risoluti rispetto ai loro compagni che, invece, indossavano una comunissima maglietta.

Per la stessa ragione, sul luogo di lavoro, soprattutto a livello manageriale, coloro che indossano l’abito o il tailleur tendono a essere considerati più affidabili, credibili, professionali rispetto a chi predilige un look più informale.

Allo stesso modo, chi indossa l’abito riesce a incarnare meglio le qualità di un leader e un dirigente.

 

Quali evoluzioni per il futuro della moda professionale

Si sa che molte tendenze moderne hanno origine negli Stati Uniti e, in modo particolare, dalla Silicon Valley, anche in fatto di moda.

In questo senso, infatti, anche le tendenze nel settore abbigliamento che partano dal vecchio continente, dove hanno sede le più grandi aziende di moda, guardano ai trend delle grandi multinazionali americane, per trarre ispirazione sulle nuove collezioni.

Quali sono dunque le ultime tendenze?

In realtà quello che ci arriva dai top manager delle grandi aziende estere è qualcosa di molto diverso rispetto all’idea di dirigente che abbiamo in Italia, elegante e serio nel suo abito sartoriale.

I grandi dirigenti, come Steve Jobs, Zuckerberg, ma anche lo stesso Michael Kors, tendono a puntare sul capsule wardrobe, meglio noto come look minimalista.

Tutti ricordano il semplicissimo dolcevita nero indossato da Jobs in tutte le sue comparse pubbliche, così come la t-shirt grigia e i jeans dell’ideatore di Facebook.

Una scelta strategica che riduce lo stress e la quantità di decisioni e che, allo stesso tempo, diventa quasi una firma personale di una più alta strategia di personal branding adottata dai giganti delle aziende internazionali.